IL TRIBUNALE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Il  tribunale,  sulla  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art. 233  del  d.lgs.  28  luglio  1989,  n.  271,  per  dedotta
 violazione  degli  artt.  3,  24  e  76  della  Carta costituzionale,
 solevata dal difensore di Manzo Antonio;
    Premesso, in fatto, che  il  Manzo  e'  stato  tratto  a  giudizio
 direttissimo  di  questo tribunale per diffamazione a mezzo stampa in
 danno di Di Cunzolo  Bruno,  e  che  cio'  il  p.m.  ha  disposto  in
 applicazione  della  norma  di  cui  all'art.  233 cpv. del d.lgs. 28
 luglio 1989 n. 271;
      che all'udienza dibattimentale odierna la  difesa  ha  sollevato
 questione  di  legittimita' costituzionale della norma denunciata nei
 termini di cui sopra;
      che il p.m. si e' sottoposto alla trasmissione degli  atti  alla
 Corte   costituzionale  per  ritenuta  manifesta  infondatezza  della
 questione;
    Cio' premesso il tribunale osserva:
       a) circa la  rilevanza  della  questione  dedotta  non  possono
 sussistere dubbi, atteso che il giudizio direttissimo non puo' essere
 definito   indipendentemente   dalla  soluzione  della  questione  di
 legittimita' sollevata;
       b) la questione non si presenta come manifestamente  infondata:
 il  p.m.  ha  citato  l'imputato  con  rito direttissimo in esclusiva
 applicazione della norma di cui all'art. 233 cpv. delle disp. coord.,
 la quale prevede che si proceda al giudizio direttissimo, anche fuori
 dai casi previsti dagli artt. 449  e  556  del  c.p.p.  per  i  reati
 concernenti  le  armi  e gli esplosivi e quelli commessi con il mezzo
 della stampa; non appare dubbio il contrasto di tale  norma  con  gli
 artt.  3  e  24  della Costituzione, poiche' essa, senza alcun limite
 giustificativo  del  rito  direttissimo,  rappresentato,   nei   casi
 ordinari,  dall'evidenza  della  prova  discendente  dall'arresto  in
 flagranza o dalla confessione - che sono poi i presupposti  dell'art.
 449 del c.p.p. - impone il giudizio direttissimo in ogni caso, in tal
 modo  sopprimendo  l'udienza  preliminare  per  i  reati predetti; in
 conseguenza si realizza un trattamento differenziato  che  determina,
 per i reati in questione, una compressione dell'esercizio del diritto
 di difesa, dovuta all'assenza del filtro dell'udienza preliminare; e'
 pur  vero  che  il  rito  direttissimo  era previsto anche dal codice
 previgente in una serie di ipotesi anomale, fra  cui  quelle  di  cui
 all'art.  233  cpv. delle disp. cit., ma, a prescindere dal fatto che
 sotto l'impero del codice previgente era espressamente  previsto  per
 quanto  riguarda i reati concernenti le armi, ed implicitamente per i
 reati commessi con il mezzo della  stampa,  che  non  sussistesse  la
 necessita' di speciali indagini, cio' che funzionava da presupposto a
 da  limite  per l'ammissibilita' del rito direttissimo, presupposto e
 limite inesistenti con il nuovo codice, vi e', altresi', da  rilevare
 che  la  vecchia  normativa  non prevedeva l'udienza preliminare come
 luogo di filtro necessario e  generalizzato  dell'azione  penale  del
 p.m., ne' come luogo di una conclusione anticipata del procedimento;
       c)   parimenti  sussiste  il  contrasto  con  l'art.  76  della
 Costituzione,  essendo  evidente,  secondo   questo   tribunale,   la
 violazione   della  direttiva  43  legge  delega,  con  la  quale  il
 legislatore ha  stabilito  entro  quali  limiti  fosse  possibile  la
 compromissione  del principio di uguaglianza e del diritto di difesa,
 che viene a realizzarsi con l'instaurazione  del  rito  direttissimo;
 limiti   che,   se  sono  perfettamente  rispettati  quando  il  rito
 direttissimo venga instaurato ai sensi dell'art. 449 del c.p.p.,  non
 lo  sono  nei  casi  di  cui all'art. 233, secondo comma, delle disp.
 coordo.; ne' vi e' dubbio che la violazione della delega non presenta
 qui solo un aspetto formale  bensi'  anche  un  aspetto  sostanziale,
 rappresentato, come gia' detto, dalla lesione, che cosi' si realizza,
 dei   diritti   di  uguaglianza  e  di  difesa,  che  sono  interessi
 costituzionalmente protetti;